30 ago-1 sett 2019 Cris, Sil e Paco
La nostra avventura inizia tre anni fa e più precisamente a novembre 2016 quando in occasione della Cronotraversata del Maestro io, Sil e Paco decidiamo di iscriverci alla 100 miglia d’Istria per cominciare la “raccolta punti” che ci permetterà di accedere alla lotteria dell’UTMB…e difatti l’anno seguente facciamo l’iscrizione di gruppo (per aver la certezza di partecipare assieme) ma purtroppo non veniamo sorteggiati…ciò significa un altro anno di lunghi allenamenti ed altre gare per mantenere i punteggi, saremo più fortunati l’anno successivo.
A dire il vero al momento del sorteggio io non ero molto felice, venivo da un periodo no e ci ho messo un po’ di tempo a realizzare ciò che mi sarebbe aspettato, oltretutto non avevo nessunissima voglia di correre, quindi in un modo o nell’altro ho dovuto farmela tornare, comunque, alla fine tra allenamenti, gare di coppa CIM e non, in men che non si dica è arrivata la data della gara.
Partiamo da Trieste mercoledì 25 settembre e dopo un lungo viaggio arriviamo finalmente a Chamonix, dove Paco ha prenotato un “super” albergo, molto bello e strategico perché vicino al villaggio expo, ritiro pettorali, deposito sacche e la cosa più importante alla zona di partenza/arrivo. Il giorno seguente lo passiamo in assoluto relax, la mattina saliamo con gli impianti all’Augille du Midi mentre il pomeriggio lo dedichiamo alla preparazione degli zaini, al ritiro pettorali ed alla visita dell’expo. La sera, dopocena, ci incontriamo con Marco Bocciai & co. ed attendiamo l’arrivo di Roberto Giacomini che ha partecipato alla TDS, gara molto dura e soprattutto più tecnica rispetto all’UTMB. (da quest’anno hanno aumentato il chilometraggio portandola a 140 km con 9100 D+) Bravo Robi!!!! domani tocca a noi!
Ci siamo, è il grande giorno, the Big Day…Dopo una sana colazione ci buttiamo in giardino e riposiamo sulle sdraio, chi leggendo, chi ascoltando musica e chi ossessionato dai tempi calcola passaggi e quant’altro…bastaaaaaaaa!
Dopo una pizza ed un ultimo controllo della sacca da mandare a Courmayeur ci avviamo al deposito borse…l’ora X si avvicina. Ancora un mini riposino e ci dirigiamo alla zona di partenza. L’atmosfera che si respira è magica, l’intrattenimento dello speaker aiuta a far passare il tempo e la musica che viene messa è molto coinvolgente e ti carica per bene…BRIVIDI…ancora oggi se ci penso. Purtroppo il tempo fa le bizze ed uno scroscio di pioggia ci bagna prima di partire.
….qualche minuto alle 18:00, eccola, Conquest of Paradise dei Vangelis, l’inno dell’UTMB, ciò significa che alla fine della canzone si parte…Ancora brividi e ancora qualche lacrima dall’emozione, penso alla prima LUT, alle belle parole scritte da Lele per darmi coraggio in quell’occasione, a tutti gli allenamenti e gare fatte per essere qui e come per magia l’ansia, la paura di non farcela, tutti i dubbi sul “mi sarò allenato abbastanza” svaniscono…VIA!!!! cominciamo a muovere i primi passi molto lentamente, siamo in tanti… Paco e Sil sono vicini a me, ma li perderò molto presto. Il tifo della gente è unico, con le dovute proporzioni sembra di correre alla maratona di New York. I primi 8 km vanno via molto veloci, lungo una bella carrareccia che costeggia il fiume, un po’ di sali-scendi niente di più.
Arriviamo a Les Houches dove troviamo il primo ristoro, solo liquidi, qui approfitto per prendere i bastoncini perché da ora in avanti iniziano le salite. Anche qui a bordo strada c’è tantissima gente che fa il tifo, tra tutti ne riconosco una: Nuria Picas grandissima atleta spagnola di Ultratrail. Nel frattempo vengo superato da Paco e Sil che come sapevo hanno un altro ritmo in salita. In men che non si dica tra carrarecce e piste da sci raggiungo la prima cima e via giù veloci verso il secondo ristoro a Saint Gervais, qua accelero veramente perché sta scendendo la notte e non ho nessuna voglia di fermarmi a tirar fuori la frontale, arrivo a pelo aiutato dalle luci degli altri concorrenti. A Saint Gervais (21km e 910 D+) il tifo è assordante, dopo un bel ristoro e dopo aver riempito le borracce riparto con molta calma. Preso un single-track all’uscita del paese ci si incolonna, qua vedo tre persone che prendono nota delle calzature usate da noi concorrenti…indagini di mercato…
Ora mi aspetta una lunga salita non particolarmente impegnativa, a tratti corricchio e dopo 10 km e 600 metri di dislivello arrivo a Les Contamines secondo ristoro della gara. Mangio qualcosina, riempio le borracce aggiungo una maglietta e riparto per affrontare “forse” la salita più dura della gara, 15 km e 1400 D+ per arrivare alla Croixe du Bonhomme (2480m )… “forse”: perché sulla carta risulta essere la più impegnativa, però sono fresco…tra Les Contamines e il Col du Bonhomme trovo un altro ristoro nel borgo di La Balme del quale non ho particolari ricordi, credo di aver riempito le borracce ed essere ripartito velocemente. Questa salita è stata comunque davvero lunga, ma come sempre dopo una salita c’è una discesa e allora giù via a mollar le gambe ma senza forzare troppo… le sensazioni sono ottime, ma verso la fine della discesa comincio a sentir un fastidio al ginocchio destro…nooooo…la bandelletta!!!! mi ha dato particolar fastidio in questo ultimo periodo, i primi dolori sono comparsi alla LUT e tra fasi più o meno acute non sono mai del tutto spariti. Rallento il passo, cerco di appoggiare il piede in modo che il dolore sia il minimo possibile e finalmente arrivo a Les Chapieux (km 50 e 2911 D+). Qui, prima di entrare al ristoro, mi metto in colonna per passare il controllo materiale (finalmente, dopo anni, almeno una gara dove controllano il materiale). L’attesa è allietata dalla musica “disco” di un dj, sistemato all’interno di una baita con tanto di luci strobo, sarei tentato di fermarmi a ballare ma dopo il controllo ed il ristoro riparto accompagnato da queste note musicali. I primi km scorrono lenti lungo una strada asfaltata, credo fino a Ville des Glaciers, poi finalmente si riprende a salire su sentiero di montagna. Guardo davanti a me e vedo un’infinità di luci bianche, penso azz sono tra gli ultimi…mi giro e ritrovo lo stesso scenario: un serpentone infinito di luci. Finalmente con non poca fatica arrivo al Col de la Seigne (60 km e 3961 D+), si scollina in Italia, fa freddo, tira vento, ma son pigro e di nuovo come per la frontale non mi voglio fermare, togliere lo zaino e vestirmi, quindi giù veloce!!! Per mia fortuna il dolore alla bandelletta è sparito e neanche questa discesa lo fa riemergere. Ancora 300 D+ e raggiungo il Col des Pyramides Calcaires mi aspetta ora una prima parte di discesa su terreno non proprio facile e ci si mettono anche gli altri concorrenti bloccandomi il passaggio (più volte troverò lungo il percorso situazioni del genere per finire col francese amico di Sil HIHIHIHIHI). La seconda parte è molto scorrevole ed in un battibaleno arrivo al ristoro di Lac Combal (67,3 km e 4224 D+), ammiro il massiccio del Monte Bianco la cui vista mi accompagnerà nelle prossime ore, mangio un boccone e riparto…qua vengo a sapere da un messaggio di Dusty nella chat che Paco e Sil sono mezz’ora avanti a me (grazie dell’info). Dopo una bella sgambata, finalmente in piano, risalgo nuovamente verso l’Arête du Mont Favre … sono 400 m di dislivello che però mi sembrano 1000. Giunto in cima un ragazzo del soccorso alpino mi fa notare che mi si è rotto il pettorale, grazie al suo aiuto e ad una fascetta sistemiamo il tutto e riparto. Una lunga discesa mi porta prima sulle piste da sci di Courmayeur e poi allo Sporting Center del paese (80 km e 4600 D+) dove si trova la base vita. Non ho il tempo di arrivare che già una signora mi viene
incontro con la sacca (che organizzazione). All’interno della base vita c’è una confusione che ti fa ancora più confusione…mi trovo spaesato (sarà la stanchezza), vedo una panchetta libera, mi fiondo alla velocità della luce per prender posto, non faccio in tempo a sedermi che ricevo la telefonata di Paco che mi indica dove raggiungerli (si, Paco e Sil sono arrivati già da un bel po’…). Finalmente ci rincontriamo, li saluto, vado a prendere qualcosa da mangiare….voglio la pasta, mi chiedono il piatto…cosaaaaa??? il piatto??? …nel regolamento c’era scritto di portare le posate ma non il piatto, e poi permettetemi: il piatto, proprio ridicolo, dopo tutto il materiale obbligatorio, anche il piatto; alla fine dopo una piccola discussione mi mettono la pasta su una specie di vassoio di cartone…ma comunque mi gusto la pasta. Terminato il pasto mi cambio velocemente, per quanto veloce sia riuscito il mio cambio booster (che fatica). Qua il Paco per dispensar tranquillità mi mette nell’orecchio la pulce dei cancelli, secondo lui siamo in ritardo, io schizzo via, mi aspetta la dura salita al Bertone, tanto loro mi raggiungeranno. All’uscita dallo Sporting Center incontro Robi che mi scatta qualche foto e mi accompagna un pezzo, più avanti incontrerò il resto della banda, Boccia, Sabrina ed un altro “mulon”, del quale non ricordo il nome.
Non faccio in tempo ad iniziare la vera salita che già Paco e Sil mi raggiungono e se ne vanno al loro ritmo. Devo dire che sulla carta temevo molto questa salita ma per fortuna non l’ho sofferta più di tanto ed arrivo al Bertone (84,8 km e 5416 D+) abbastanza velocemente, il tempo di riempire le borracce e riparto. Ora fino al Bonatti mi aspetta un tratto abbastanza scorrevole qualche saliscendi e la salitina al rifugio. Qua ritrovo Paco, Sil ed i nostri tifosi…foto di rito e riparto. Ottime sensazioni, vado via veloce, sembro rinato, sarà forse l’idea di aver davanti a me la cima Coppi dell’UTMB il Gran Col Ferret, sarà saper che tra due ristori vedrò i miei amici valdostani fatto sta che vado, un ristoro ad Arnouvaz e via, all’attacco del Gran Col Ferret. Qua ricomincio a tribolare, ma penso che poi mi aspetta una lunga discesa non particolarmente impegnativa e questo mi rinfranca. Arrivato quasi in cima vedo dei nuvoloni scurissimi che non preannunciano niente di buono, mi metto la giacca e non passano più di cinque minuti che inizia a diluviare (non piovere, diluviare!). Sono un po’ preoccupato perché ci sono molti fulmini e non c’è riparo, chiudo i bastoncini e proseguo. La discesa è resa difficile dall’acqua e dal fango, in certi punti faccio fatica a restare in piedi. Arrivato quasi a valle trovo un bivacco, approfitto per asciugarmi e cambiarmi (per fortuna in previsione della seconda notte, della stanchezza e quindi del freddo che avrei patito, a Courmayeur avevo messo nello zaino una maglietta termica a mezze maniche e meno male, altrimenti avrei dovuto scegliere se correre bagnato o con la maglia a maniche lunghe). Arrivo al ristoro di La Fouly (112 km 6753 D+), entro e mi guardo attorno, faccio il pieno alle borracce e scappo…un manicomio…riscaldamento a manetta, corridori con i teli termici, famigliari con i borsoni, via, via!!!! Per fortuna mi son cambiato al bivacco. Destinazione Champex-Lac, i primi chilometri vado via bene, poi penso di esser arrivato al ristoro, invece sono appena ad un punto di controllo. Ecco: la parola “appena” non dovrebbe mai insinuarsi nella testa di un ultratrailer, e con questo vi ho detto tutto, la successiva salita a Champex per me è stata faticosissima e lunghissima anche se erano solamente 500 D+. Qui sono iniziati i primi problemi, i piedi hanno iniziato a farmi male a causa delle vesciche dovute all’acqua e sono comparse le prime allucinazioni, ad ogni curva vedevo le luci delle case, ovviamente inesistenti. Bene, finito ‘sto calvario finalmente arrivo a Champex (126 km e 7320 D+), qua trovo i miei amici valdostani mi fermo a fare quattro chiacchiere, li saluto ed entro nel tendone perché ho freddo. Mangio qualcosina e mi siedo su una panca, cerco di medicarmi i piedi, tolgo le calze, vorrei metter i compeed ma i piedi son talmente lerci ed umidi che non riesco ad attaccarli. Mi risistemo, faccio il pieno alle borracce e riparto…dirigendomi verso l’uscita incontro Sil che entra, che sorpresa… Sillll!!!
Ulò!!!! mi racconta di Paco (si è ritirato ad Arnouvaz, io non lo sapevo) ci sediamo lui fa il suo ristoro, io approfitto per riposarmi e per bermi una tazza di caffè. Ripartiamo vestiti di tutto punto perché usciti dal ristoro fa freddo e dopo 10 minuti ci fermiamo per rispogliarci, questa tiritera andrà avanti tutta la notte ad ogni ristoro…Ci siamo, inizia il primo degli ultimi tre colli della gara, tre salite da 900 m D+. Sono molto preoccupato, li temevo anche quando studiavo il percorso ed ora con i piedi massacrati, non so come andrà a finire. Mi metto a testa bassa e cerco di procedere con regolarità, ad ogni curva troviamo qualche corridore che dorme a terra e tra una chiacchiera e l’altra arriviamo in cima a La Bovine. Qua facciamo un bel traverso prima di iniziare la discesa, e a fondo valle vediamo le luci di Martigny. Cominciamo a corricchiare e dopo un po’ troviamo un ristoro liquido, molto originale, all’interno di una stalla (La Giete, 137 km e 8158 D+), il tempo di un caffè e si riparte… la discesa non finisce mai, a me e Sil sembra anche tecnica, non so se lo fosse veramente o se lo fosse solo per la stanchezza, comunque non siamo i soli ad avere questa opinione, una ragazza davanti a noi porcona in inglese. Finalmente arriviamo al penultimo ristoro, Trìent (141km e 8234 D+), comunico a Sil che devo recarmi in infermeria, i miei piedi non ce la fanno più. Aspetto il turno e vengo medicato, mi svuotano con una siringa le vesciche e mi fasciano i piedi. Non vi dico che impresa rimetter su le scarpe, mi avvio a passo lento verso il ristoro dove trovo Sil, mangio qualcosa e ripartiamo. I piedi mi fanno più male di prima, ma penso che ora sono puliti e medicati quindi c’è solo il dolore, nessun pericolo d’infezione, perciò via…bisogna stringere i denti, l’ultimo mio pensiero è il ritiro. Con Sil davanti prendiamo un bel ritmo e passiamo diversi concorrenti lungo la salita, il sonno si fa sentire, siamo al termine della seconda notte ed è dura. Arrivati in cima a La Catogne (147 km e 9060 D+) Sil mi racconta che la volta precedente erano transitati con il buio e qui c’era un grosso falò acceso dove con Paco e Lele si sono un pochino riscaldati. Proseguendo noto un castello alla mia destra, ma avendo un dubbio che sia un’allucinazione chiedo a Sil se lo vede…la risposta è: assomiglia molto, ma è solo una roccia HIHIHIHIHI altra allucinazione…più avanti vedo una diga al che me ne sto zitto, questa volta è Sil a farmela notare…va bè non son proprio del tutto rinco. La discesa inizia lungo un sentierino per poi proseguire lungo una pista da sci e terminare su di una facile carrareccia che ci conduce all’ultimo ristoro solido di Vallorcine. Ci fermiamo per una breve pausa, qui tutti i nostri “colleghi” sono allo stremo, l’occhio mi cade su di un pover uomo che sta male di stomaco, penso a dove è arrivato e spero per lui possa proseguire e terminare, anche se visto l’intervento dei sanitari credo sia stato bloccato. Proseguiamo a passo veloce sino al Col de Montets (157 Km e 9267 D+) dove inizia l’attacco all’ultimo colle, sono le 10.30, mancano “solo” 14 km e 800 D+ penso: bene! massimo alle 13:00 siamo a Chamonix. La salita per me è una via crucis, oltre ad essere ripida ha molte rocce e caricando tutto il peso del corpo su di un piede le vesciche mi dolgono troppo. Ovviamente rallento Sil che è sempre avanti a me, la salita non finisce mai, ogni volta che credo di essere in cima compare un altro strappo ma finalmente giungiamo in cima. Ci fermiamo a guardare il panorama ed in lontananza vedo il rifugio dove troveremo l’ultimo punto di controllo prima della discesa e dell’arrivo a Chamonix. Il traverso che ci attende è molto lungo e tecnico, io continuo ad avere problemi ai piedi e proseguo a rilento, ma non più di tanto rispetto ad altri concorrenti. Il pensiero ormai vola all’arrivo, faccio a Sil: “non vedo l’ora di arrivare per bere una birra!”, lui mi fa “anch’io”…un giapponese dietro a me, avendo intuito il senso, si aggrega dicendo me “too!!!” (tutto il mondo è paese, la birra finale è il premio più bello). Ad un certo punto incontriamo un trenino di persone, guidato da un francese (ricordate ? l’amico di Sil hihihihi) che proseguiva alla velocità di una tartaruga, e tutti dietro a lui…inizialmente ci siamo accodati, ma Sil dopo aver visto che nessuno lo passava ha effettuato il sorpasso, io ci ho messo un po’ di più tempo viste le mie condizioni. Passato questo intoppo abbiamo cominciato a viaggiare a buon ritmo (in virtù
dei 162 km) e raggiungiamo l’ultimo punto di controllo a Le Flégère (164 km e 9943 D+). Da qui inizia la lunga discesa che ci porterà a Chamonix. Abbandonato il ristoro dico a Sil che devo fare pipì ma quel negriero è molto contrariato a fermarsi hihihihi vabbè la porterò a valle. Iniziamo a correre lungo una pista da sci prima di prendere un single track in mezzo al bosco che ci condurrà sino al paese. Come per magia (ma non è una magia, è la mente, l’odore di Chamonix) tutti i dolori spariscono e facciamo una discesa a palla, passando un mucchio di concorrenti. Arrivati quasi in paese ho un flashback di quello che ho passato, momenti belli e brutti, e qualche lacrima scende quando Sil mi fa notare che siamo arrivati e che impresa abbiamo compiuto. Giunti sull’asfalto, anche se in piano, il nostro ritmo aumenta ancora, incitati dal tifo e dal caro Paco che ci è venuto incontro per immortalare il momento (ps mentre sto concludendo di scrivere mi commuovo ancora). Arrivati in paese non sento più niente, ci prendiamo per mano, ultimi metri di passerella in mezzo alla folla e tagliamo il traguardo dopo 44 ore e 47 minuti. Spaesati, ci dirigiamo alla ricerca di un posto all’ ombra, nel frattempo il Paco è andato a recuperarci le giacche finisher e la tanto meritata birra!!!! che buona!!!! È il momento di alzarsi per tornare in albergo, la tensione e l’adrenalina sono scese cedendo il posto alla stanchezza e al dolore, i 500 metri che ci separano dall’albergo sono infiniti. Dopo una bella doccia, ci troviamo al bar dell’albergo per una bella chiacchierata seguita da Jacuzzi con magnum di Foss Marai al seguito (grazie Cristiana)! Dopo un’oretta di ammollo, uscire, con le gambe rilassate, sarà la cosa più dura della nostra trasferta….Che dire, un’esperienza unica, un ricordo che porterò con me tutta la vita, un legame ancora più profondo con i miei due compagni. Un grazie ad Umbo che mi ha avvicinato a questo sport ed ha sempre creduto in me, a Lele ed alle sue parole d’incoraggiamento e a tutti voi che ci avete seguito per due incredibili giorni.
Cristian Gorella Buff,Buff (chi sa, sa)