A. De Cristini – R. Bratina – G. Moro – D. Loredan – S. Pipolo – E. Pacorini

Una lunghissima, interminabile ed impegnativa traversata in ambiente austero che si estende per una ottantina di chilometri tra la Val Sugana, Val di Cembra, Val di Fiemme, per finire al Passo Rolle, nel gruppo delle famose Pale di San Martino con un dislivello positivo che sfiora i 5.000m.
Un’altra meravigliosa esperienza per un altro ambizioso tentativo riuscito di podismo veloce, vissuta con altrettanti valenti e ormai “rodati” compagni di corsa, in una intensa 2 giorni dove ci siamo resi protagonisti di meraviglie naturalistiche e assaporato nella resistenza del gesto atletico, tutta la prepotenza della natura in montagna.
Tutto è iniziato in un pomeriggio piovoso di sabato 21 luglio con un lungo trasferimento da Trieste al Passo Rolle, dove sapientemente abbiamo lasciato una vettura utile per il rientro; la sera abbiamo raggiunto il luogo di pernotto nei pressi di Vetriolo Terme dove, il giorno seguente, con le primissime luci del giorno è iniziata a 1810m dal Chalet Panarotta, la nostra corsa contro il tempo.
Aiutati dalle buone condizioni climatiche e da un’alba mozzafiato regalataci dalla cima del primo colle in quota, il Mte Fravort (2347m), con un passo spedito alternato alla corsa, il gruppetto di trail runners è riuscito ad incamerare circa 15Km lungo scorrevoli forestali ma anche sentieri rocciosi su spettacolari creste e ripidi pendii sassosi, primo assaggio di quello che sarà fino alla fine un infinito balzare tra plotte e immensi macereti, alternato a dorsali erbose e numerosi laghetti glaciali.

A metà mattinata avevamo già superato agevolmente il Mte Gronlait (2383m), il Pizzo Alto con il Passo del Lago, la forcella di Cavè, quella di Passo Sette Selle e Forcella d’Ezze a 2263m, toccando il Rif. Sette Selle, il Mte Slimber, la Cima Palù, il Passo Cagnon e Cadin, in un continuo sali-scendi che ha messo a dura prova muscoli e mente.
Un’indispensabile sosta rifocillante ad ora di pranzo al Passo Mangher a 2100m, unico attraversamento stradale lungo la traversata tra Borgo Val Sugana e Molinar di Fiemme, ci ha ridato l’energia necessaria per proseguire verso l’ambizioso traguardo della prima tappa, l’ancora lontanissimo Rif. Cauriol (percorsi ca 28km).
Ci aspettavano un susseguirsi interminabile di forcelle tra le più suggestive come la Ziolera, la Montalon, la Valsorda sul vasto versante nord di Cima delle Buse, la Busa della Neve correndo in equilibrio su grandiose pietraie e toccando con i suoi 2468m, la forcella Busa dall’Or con brevi tratti esposti ed attrezzati.

Lungo l’ultimo tratto impegnativo e faticoso per le tante ore ormai accumulate sulle gambe e per le mutate condizioni rimaniamo vittime di un temporale in quota, scendendo dalla cima Letigosa e il Passo Sadole lungo un tratto impegnativo e scivoloso in costa aggirando il versante Sud del Mte Formentone.
E con le ultime luci di questa infinita giornata giungiamo al Rif. Cauriol a 1594m, scendendo da una mulattiera in compagnia di Enrico che si aggiunge al gruppo per la tappa del giorno dopo.
Una doccia bollente è un lusso che il gestore ci concede dopo tanta fatica prima di sederci al tavolo per una cena molto attesa. Non passano due ore e siamo già sdraiati come sardine nel sottotetto pronti per sprofondare in un sonno necessario e ricostituente (I tappa ca 52Km e 3.300m di dislivello positivo).

La sveglia risuona al buio di un’alba ancora dormiente ma purtroppo bisogna rialzarsi. Non è finita. La Translagorai ci aspetta per metterci a giudizio. “Ingraniamo” lentamente pensando a ciò che nel piccolo zainetto ci può essere utile e a portata di mano. Ricambi, guanti e berretto non devono mai mancare in quota; l’acqua, razionata come le barrette energetiche, lo stretto necessario per proseguire veloci e leggeri.
La prima pesante salita come riscaldamento ci fa subito pensare che non sarà una passeggiata neanche quest’ultima tappa. In un ambiente solitario ma aperto, ci portiamo rapidamente in quota, prima in bosco, poi per vasti ghiaioni dove correndo a 2390m sentiamo la fatica accumularsi.
E’ la visione sul vallone del Lago Brutto che ci allevia un po’ rimanendo estasiati dall’ambiente molto austero. Il sole fa brillare le superfici dei laghetti glaciali regalandoci un panorama idilliaco; ma non c’è tempo da perdere, le ore volano, qualche breve pausa per integrare liquidi e cibo energetico e via di corsa superando una dopo l’altra Forcella Coldosè, Colrotondo, Forcella Valmaggiore con l’accogliente bivacco Paolo e Nicola, la forcella di Cece con l’impegnativo tratto su impressionanti distese di grossi massi.
Nessun pasto caldo oggi, solo il desiderio di arrivare in fondo ma ci accorgiamo che la testa è stanca, stanca di prestare attenzione massima ad ogni passo, stanca di dedicare tutte le energie all’incedere. Dopo la Forcella del Valon a 2480m, ci accorgiamo che ci muoviamo come automi: finita una forcella siamo ad affrontarne subito un’altra e un’altra ancora in una solitaria traversata di massi in alta quota.

E’ ormai pomeriggio inoltrato, siamo spossati, “ingurgitiamo” pietraie da ore, i valloni che dobbiamo traversare sembrano eterni e infiniti come quello per raggiungere il bivacco Aldo Moro a 2565m nel gruppo delle cime di Bragard.
Siamo lenti, non sempre si riesce a correre tra i massi instabili di porfido, un passo falso e l’ambizioso progetto può spegnersi all’improvviso. Stringiamo i denti e facciamo buon uso della resilienza per superare uno degli ultimi valloni desolati e dopo aver svalicato la centesina forcella, La Ceremana, un patimento puro, siamo ad intravedere quella tra il Colbricon e il Piccolo Colbricon, che con timido intendimento capiamo sarà la nostra destinazione prima di scendere definitivamente di quota.
La tensione e la fatica si allentano solo quando comprendiamo che il Rif. Laghi al Colbricon è l’ultima meta da superare e per l’ampio vallone con qualche tratto ripido raggiungiamo i boschi di Malga Rolle e quindi raggiungiamo il Passo (II tappa ca 27Km e 2.100m di dislivello positivo).

La TransLagorai è un trekking di più giorni (in modalità escursione ci vogliono 5-6 giorni di cammino): luoghi molto poco frequentati con carenza di acqua, pochi rifugi, ma è per questo che l’abbiamo scelta. Affascinante nella solitudine, un tuffo tra queste stupende silenti montagne a respirare aria sottile e a ritrovare lo spirito perfetto che ognuno di noi sa di trovare quando si appresta a partire per una nuova avventura.
Ci vuole una buona dose di adattamento oltre che un’ottima preparazione fisica. Ma ci vuole anche un indispensabile collante di amicizia, quella vera e quella che ti permette di progettare e di portare a termine la migliore delle esperienze.
Solo così, con questi amici i ricordi di montagna possono rimanere indelebili.

Alberto De Cristini